I grissini sono uno dei prodotti gastronomici torinesi più famosi al mondo e sulla loro origine ci sono due versioni.
La prima versione risale alla seconda metà del ‘300 quando il pane veniva venduto a un soldo per ogni pezzo; a causa dell’inflazione che colpì il Piemonte in quell’epoca la forma di pane chiamata “grissia” divenne man mano sempre più leggera e sottile fino a trasformarsi nel “gherssin”.
La seconda versione, più leggendaria, è legata a Vittorio Amedeo II; a soli 9 anni, morto il padre, Vittorio Amedeo divenne duca di Savoia. La sua salute debole preoccupava molto la madre la quale si rivolse al medico di Corte che a sua volta parlò delle ansie al panettiere. Dopo attente valutazioni la medicina studiata per il giovane duce fu identificata in una dieta che prevedeva pane friabile e ben digeribile. Il panettiere ducale, il cui nome era Antonio Brunero, inventò così la ricetta originale del grissino.
Indipendentemente dalla sua origine, i grissini hanno sempre goduto di molto successo anche presso i nobili. Re Carlo Felice ne era ghiotto e li mangiava seduto nel suo palco a teatro. Presso le Corti europee il “les petits baton de Turin” veniva degustato con curiosità. Nella Francia di Luigi XIV si tentò l’imitazione, facendo arrivare a Pargi due artigiani torinesi, ma l’acqua e l’aria della Senna non erano buone come quelle del Po e i risultati furono modesti.
Allora Napoleone inviava regolarmente dei corrieri imperiali a Torino per rifornirsi del “gherssin” perchè sembra fosse di sollievo per la sua ulcera.
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